I Blues Brothers debuttavano al Saturday Night Live, il gatto Garfield esordiva in tv, il grande Pertini fu eletto Presidente della Repubblica, Giovanni Paolo I diventò Papa, correva l’anno 1978 e tutto questo accadeva mentre mio padre e mia madre aspettavano il primo figlio, e un giorno di aprile in un ospedale di un paesino in provincia di Bari, nacqui sorridendo.
Sono una creativa dalla nascita ma questo non ha mai semplificato le cose. Ho sempre mancato i miei appuntamenti con l’arte, a partire dal liceo fino all’università. Ho frequentato il liceo classico, promettendo a me stessa un appuntamento con l’arte nel periodo universitario, in cui immaginavo di frequentare la facoltà di architettura o l’accademia di belle arti.
Iscritta all’accademia di belle arti e rimasta profondamente delusa dall’approccio eccessivamente “free” rispetto ai miei canoni, l’ho lasciata dopo pochi mesi, e per non perdere un anno a far nulla ho frequentato un corso di ceramica di 10 mesi…esperienza che annovero fra le più importanti della mia vita!
L’anno successivo mi iscrivo alla facoltà di psicologia, sempre recalcitrante ma sempre per mia scelta. Ho scelto gli indirizzi considerati più “sicuri”, con sbocchi lavorativi “sicuri”, alla ricerca di un futuro “sicuro”. La “sicurezza” è sempre stata una parola ricorrente nella mia vita.
La necessità di fare arte, di fare con le mani, in qualche modo e nonostante tutto è rimasta costantemente sotto la pelle, e tutte le mie pause e molte notti sono diventate preziosissimi ritagli di tempo per fare.
Da dove arriva questa innata attitudine alla manualità non è un mistero per me, poiché la risposta l’ho trovata nel passato della mia famiglia, dico questo perché mio padre adorava dipingere quadri, prima di lui un suo prozio artista finì per sbarcare nella grande mela lavorando per un circo e la sorella di sua madre aveva un talento straordinario con ago e filo, per non parlare di mia madre che riesce ad animare gli oggetti più inanimati, come Geppetto con Pinocchio, per intenderci. Quindi per un dato di fatto accertato, nelle mie vene scorre sangue dei miei parenti artisti.
E comunque sì, sono diventata una psicologa, ma questa è un’altra storia.
La mia storia da “crafter”, come si dice nell’ambiente creativo, inizia cinque anni fa, in un momento particolarissimo e buio della mia vita in cui ogni sicurezza è venuta a mancare. Ho perso uno dei tre pilastri della mia vita, e allo stesso tempo ho perduto il mio lavoro. L’arte, cioè il mio modo di vivere l’arte, è entrata prepotentemente nella quotidianità nel momento in cui essa è diventata cura e medicina per l’anima. La mia arte-terapia. Forse era destino che ci arrivassi in un modo così tortuoso! Sono una psicologa, da sempre appassionata di arte terapia, e sono stata prepotentemente trascinata al mio primo appuntamento con l’arte a 33 anni. Ho sperimentato su me stessa l’arte-terapia ed i suoi effetti. Da autodidatta ovviamente, nel piccolo laboratorio di casa mia, quello che fino ad allora era il luogo dei sogni più o meno proibiti, e che è improvvisamente, provvidenzialmente divenuto il luogo della quotidianità.
Pepì – le Stoffe del Cuore è il nome del tuo brand. Da dove arriva e quando è nato?